Valentina Melis:"Una mamma ansia e sapone"
Pubblicato/aggiornato: 16 Marzo 2021
Presentatrice, attrice, mamma a tempo pieno ed ora anche scrittrice: abbiamo intervistato Valentina Melis in occasione dell’uscita del suo primo libro “Una mamma ansia e sapone. Perchè le altre sono tutte supermamme e io non riesco neanche a farmi lo Shampoo? Manuale di sopravvivenza per mamme imperfette”, edito da Villardi.
Com’è nata l’idea di scrivere questo libro e di cosa parla?
Quando sono rimasta incinta della mia bambina, ho deciso di aprire un blog, inizialmente per divertimento e perchè ho sempre amato scrivere, dove ho raccontato in maniera ironica tutto quello che mi succedeva durante la gravidanza, tutte cose totalmente nuove per me dato che si trattava della mia prima gravidanza e non sapevo molto riguardo al mondo dei bambini.
Questo blog, scritto in maniera molto divertente, ha avuto un inaspettato successo: hanno iniziato a scrivermi un sacco di donne incinta e nel primo mese ha avuto circa 30 mila visualizzazioni, un risultato folle per essere un blog non sponsorizzato.
Ad un certo punto, lo scorso anno, la casa editrice Vallardi ha letto il mio blog ed è piaciuto molto, per cui hanno deciso di contattarmi tramite la Società di Produzione GRINDER, chiedendomi se mi sarebbe piaciuto scrivere un libro sul mondo delle mamme in modo ironico, mantenendo lo stile del blog, per raccontare tutta la mia gravidanza fino al primo compleanno della bambina, partendo dalla mia esperienza personale per poi trattare e spiegare i vari macro temi legati alla gravidanza, come ad esempio il corso pre-parto, l’allattamento, le paure, le ansie, la depressione post-partum.
Quanto tempo hai impiegato per scriverlo?
Ho impiegato più tempo del previsto in quanto, di mezzo c’è stata la pandemia con annesso lockdown nazionale: avendo la bambina a casa, non è stato semplice trovare il tempo e la concentrazione necessaria per poter scrivere, in quanto dovevo occuparmi della piccola. In tutto ho impiegato tra i 6 e gli 8 mesi.
La situazione che stiamo vivendo a causa del Covid sta mettendo a dura prova sia i bambini che i genitori: come hai affrontato il lockdown con una bambina piccola costretta a restare in casa?
È stata dura, anche perchè quando è scoppiata la pandemia la bambina aveva 3 anni, età in cui non si è più così piccoli da non riuscire a stare tranquilli, ma neanche così grandi da poter giocare da soli. Non aveva ancora quell’autonomia che potrebbe avere un bambino di 6, 7 o 8 anni che riesce a giocare anche da solo: a 3 anni si è al massimo dell’energia, si inizia a scoprire il mondo a quell’età.
È stato faticoso anche perchè appena è iniziata la quarantena ha smesso di fare il riposino pomeridiano, che era quell’oretta e mezza in cui riuscivo a riprendere un attimo fiato, per cui era un tour de force dalla mattina fino a quando non andava a dormire la sera. Dovevo sempre starle a dietro ed inventarmi continuamente qualcosa da farle fare.
I bambini in Inghilterra hanno fatto rientro a scuola l’8 marzo, mentre in Italia le scuole stanno nuovamente chiudendo. Cosa ne pensi della didattica a distanza a cui sono costretti i più giovani?
Questa situazione legata alla scuola mi fa molto arrabbiare.
Dunque, per quanto riguarda le decisioni che sono state prese all’inizio non mi esprimo in quanto si trattava di una situazione nuova per tutti e quello che si doveva fare è stato fatto, tutti abbiamo rispettato le regole, ci siamo impegnati e i bambini per primi: di punto in bianco interrompere qualsiasi tipo di socialità quando si è bambini è una rinuncia enorme e lo hanno fatto senza capire fino in fondo quello che stava accadendo. Tra l’altro i più piccoli si sono dovuti sorbire anche l’ansia e l’angoscia dei genitori e non è stato affatto facile.
Dunque, per quanto riguarda le decisioni che sono state prese all’inizio non mi esprimo in quanto si trattava di una situazione nuova per tutti e quello che si doveva fare è stato fatto, tutti abbiamo rispettato le regole, ci siamo impegnati e i bambini per primi: di punto in bianco interrompere qualsiasi tipo di socialità quando si è bambini è una rinuncia enorme e lo hanno fatto senza capire fino in fondo quello che stava accadendo. Tra l’altro i più piccoli si sono dovuti sorbire anche l’ansia e l’angoscia dei genitori e non è stato affatto facile.
Dopo, però, secondo me il tempo per fare qualcosa di più concreto c’era, ma non è stato fatto tutto il necessario per cercare di aiutare i bambini e riaprire le scuole nel migliore dei modi. In Italia la prima cosa che chiudono sono sempre le scuole, quando in realtà dovrebbe essere il contrario, perchè credo che l’istruzione sia fondamentale per un Paese: i bambini sono il nostro futuro e se noi li lasciamo senza scuola, diciamo che il futuro non sarà dei migliori.
La didattica a distanza è utile per tamponare i primi mesi, ma un anno di didattica a distanza si rivelerà essere un problema per i più piccoli, soprattutto per quelli di una certa età che devono affrontare il passaggio magari dalle elementari alle medie o dalle medie alle superiori: in quel momento la scuola non è solo istruzione, ma è anche molto altro.
Londra è una città multietnica e multi culturale, qui i bambini hanno la possibilità di entrare in contatto con culture proveninti praticamente da tutto il mondo. Pensi che per un bambino sia meglio crescere in una realtà così grande dove ha la possibilità di conoscere diverse culture, oppure crescere in un ambiente più piccolo per poi spostarsi in un contesto più grande?
Per quanto mi riguarda, per le mie idee, penso sia meglio crescere in una situazione multietnica, perchè secondo me quello che impari da piccolo, te lo porti dietro per tutta la vita, per cui prima impari e ti confronti con certe situazioni e culture, meglio è.
Dall’altra parte, però, anche crescere in una realtà più piccola ha i suoi pro, come poter stare più a contatto con la natura o vivere in una situazione di gioco più libera, in quanto in una città ci sono ovviamente più pericoli, mentre in un paesino di campagna riesci a stare libero il più possibile, com’è giusto che sia per un bambino.
Ci sono pro e contro in entrambe le situazioni, però secondo me poter vivere in un contesto multietnico ha un peso maggiore, per questo io ho preferito far crescere mia figlia a Roma in modo da permetterle di conoscere il maggior numero possibile di situazioni e realtà diverse, dandole maggiori possibilità di scelta, rispetto ad un contesto più piccolo, di un paese, dove magari non c’è neanche un cinema o un teatro o dei luoghi in cui è possibile incontrare e trascorrere del tempo con persone diverse.
Quando sarà più grande sarò la prima ad incitarla e a spronarla a viaggiare, esplorare il mondo e vivere un’esperienza all’estero, perchè quella è la scuola migliore che ci sia.
Il libro uscirà nelle librerie il 18 marzo ed è possibile acquistarlo anche online.
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Scritto da Dora Bortoluzzi,16 Marzo 2021